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Commento alla Seconda Domenica di Quaresima Anno A

Omelia 
don Lucio D'Abbraccio

Impariamo a salire e a scendere!

Il Vangelo di questa II domenica di Quaresima ci presenta l'evento della Trasfigurazione. È la seconda tappa del cammino quaresimale: la prima, le tentazioni nel deserto, domenica scorsa; la seconda: la Trasfigurazione. Gesù, abbiamo ascoltato, «prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte, su un alto monte». La montagna nella Bibbia rappresenta il luogo della vicinanza con Dio e dell'incontro intimo con Lui; il luogo della preghiera, dove stare alla presenza del Signore. Lassù sul monte, avvenne un singolare fenomeno: il volto di Gesù «brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce». In tal modo il Signore fece risplendere nella sua stessa persona quella gloria divina che si poteva cogliere con la fede nella sua predicazione e nei suoi gesti miracolosi. Gesù, dunque, si mostra ai tre discepoli trasfigurato, luminoso, bellissimo; e poi appaiono Mosè ed Elia, «che conversavano con lui». Di cosa conversavano? Dell'esodo che lo attendeva a Gerusalemme, cioè della sua Pasqua. Il suo volto, continua l'autore sacro, era così splendente e le sue vesti così candide, che Pietro ne rimane folgorato, tanto che vorrebbe rimanere lì, quasi fermare quel momento: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Pietro stava ancora parlando «quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo"». Questa parola è importante! Dio Padre dice anche a noi ciò che ha detto a questi apostoli: «Ascoltate Gesù, perché è il mio Figlio prediletto». In questa settimana meditiamo su questa parola: «Ascoltatelo!». Sì. Dobbiamo ascoltare Gesù! Per entrare nella vita eterna bisogna ascoltare Gesù, seguirlo sulla via della croce, portando nel cuore come Lui la speranza della risurrezione.
È molto importante questo invito del Padre. Noi, discepoli di Gesù, siamo chiamati ad essere persone che ascoltano la sua voce e prendono sul serio le sue parole. Per ascoltare Gesù, bisogna essere vicino a Lui, seguirlo, come facevano le folle del Vangelo che lo rincorrevano per le strade della Palestina. Gesù non aveva una cattedra o un pulpito fissi, ma era un maestro itinerante, che proponeva i suoi insegnamenti, che erano gli insegnamenti che gli aveva dato il Padre, lungo le strade, percorrendo tragitti non sempre prevedibili e a volte poco agevoli. Ma dobbiamo ascoltare Gesù anche nella sua Parola scritta, ossia nel Vangelo. Sorge una domanda: noi leggiamo tutti i giorni un passo del Vangelo? Leggiamo quotidiani, riviste culturali, scientifiche, di gossip, ma il Vangelo lo leggiamo? Sarebbe bello se ognuno di noi, ogni giorno, leggesse una paginetta del Vangelo. È attraverso la sua Parola che il Signore Gesù ci parla!
Ebbene, da questo episodio della Trasfigurazione vorrei cogliere due elementi significativi, che sintetizzo in due parole: «salita» e «discesa». Oggi viviamo in un mondo frenetico, in una società chiassosa. Corriamo sempre! Non abbiamo mai tempo! Gesù, abbiamo ascoltato, prende in disparte tre dei suoi apostoli. Anche noi abbiamo bisogno di andare in disparte, di salire sulla montagna in uno spazio di silenzio, per trovare noi stessi e percepire meglio la voce del Signore. Questa voce noi la possiamo percepire nella preghiera. Ma non possiamo rimanere isolati per sempre! L'incontro con Dio nella preghiera ci spinge nuovamente a «scendere dalla montagna» e ritornare in basso, nella pianura, dove incontriamo tanti fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie, povertà materiale e spirituale. A questi nostri fratelli che sono in difficoltà, siamo chiamati a portare i frutti dell'esperienza che abbiamo fatto con Dio, condividendo la grazia ricevuta. Quando noi ascoltiamo la Parola di Gesù, quella Parola deve penetrare nel nostro cuore e quella Parola deve crescere. E sapete come cresce? Annunciandola agli altri! La Parola di Cristo in noi cresce quando noi la proclamiamo, quando noi la mettiamo in pratica. Essere veri cristiani e vivere la vita cristiana significa mettere in pratica ciò che Gesù ha detto! Significa fare la volontà di Dio come l'ha fatta Gesù, la Madonna, i santi!
La Vergine Santa ci aiuti affinché possiamo proseguire con fede e generosità questo itinerario della Quaresima, nel «salire» sempre di più con la preghiera per ascoltare Gesù e a «scendere» con la carità fraterna, annunciando Gesù. Amen!

 

Fonte : www.lachiesa.it

II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

Omelia (10-12-2023)
Omelie.org - autori vari



COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Quintino Venneri

Se vai nel deserto, la prima cosa che senti è un grande silenzio. Poi, forse, dopo un po', ti capiterà di ascoltare il soffio del vento che muove la sabbia e cambia la forma alle dune. Alla fine, molto debolmente, forse ti capiterà di cogliere il passaggio di qualche carovana di beduini che cercano un'oasi verde per dissetarsi. Il deserto è così: grande, maestoso, difficile, inospitale, non è fatto per viverci, non si costruiscono case e nessuno può fermarsi per molto tempo. Ed è proprio nel deserto che Giovanni Battista, il figlio di Elisabetta, l'amico dello sposo, svolge la sua missione.
E per farsi ascoltare, Giovanni grida. Grida non perché è arrabbiato ma perché è appassionato, è uno che ci tiene a quello che sta facendo; ha passione, desiderio, d'altronde è un profeta, un uomo tutto d'un pezzo, uno che non fa sconti, non ha peli sulla lingua.
Grida. Grida per rompere il silenzio del deserto, per sovrastare il soffio del vento e il calpestio delle carovane.
Ma grida anche per un altro motivo. Perché ascoltare non è facile. Imparare ad ascoltare è un dei compiti più difficili e più necessari della nostra vita.
La solitudine del deserto apre i nostri occhi sulla nostra storia personale, sulla nostra più intima realtà, sulle ombre del nostro cuore, sulle rovine inesplorate della nostra esistenza, sulle bestie che brancolano libere nella nostra coscienza. Sempre, la Scrittura, quando parla del deserto associa questo immaginario: demoni, bestie, rovine. Perché il deserto, se lo abiti e sai ascoltare il silenzioso grido della Parola, ti riconsegna un'immagine più vera di te stesso, forse più povera, ma più vera. È davvero una lotta! Ti riconsegna la tua bellezza primitiva, forse graffiata, sporca ma sempre uscita dalle mani del Creatore.
Giovanni ci chiede di abitare il deserto, di scegliere la solitudine, a non scappare da essa, a desiderarla. Fare della solitudine una scelta lucida è camminare nell'Avvento, è preparare la strada al Veniente.
E quando scegli la solitudine, ecco che puoi ascoltare finalmente. Puoi ascoltare Dio che parla al cuore, alla coscienza.
Ascoltare Dio non è solo un sentimento. Non è un'emozione. Non è solo un insegnamento. È tutto questo ma non coincide con niente di tutto ciò. È una brezza leggera che sussurra. È una luce interiore che ti riconsegna a te stesso. E mentre scopri te stesso, ti manda verso gli altri. È un ascolto personale ma non è mai individualistico. Ti accompagna ma ti spinge verso l'ignoto. Ti sana e ti ferisce. Ti fa male e ti fa bene. È una Parola per te e tu diventi una parola per gli altri.
Ascoltare non è sentire.
Ascoltare è atto voluto, è una scelta. Sentire è meccanico, non devi impegnarti. Ascoltare invece è una decisione che impegna ed implica concentrazione, attenzione, preparazione, non improvvisazione.
Ecco perché Giovanni Battista grida: accogliere il Signore - come questo tempo di Avvento ci sta ricordando - significa imparare ad aprire le orecchie, ascoltare la sua voce che risuona nel Vangelo, significa distinguere il suono della sua voce tra mille altre voci.
Grida Giovanni. Per insegnarci ad ascoltare.
Questo è il suo dono.
Perché quando impari ad ascoltare, i tuoi occhi imparano a vedere, il tuo cuore impara a scegliere, le tue mani imparano a costruire qualcosa di bello e di nuovo. Ascoltare è la bussola di ogni cristiano; è il modo per orientarsi. Aprire bene le orecchie ci permette di orientarci nella decisioni da prendere, nelle scelte da compiere, nelle parole da pronunciare.
Grida Giovanni. E le sue parole sono, da sempre, un appello, una provocazione, per capire da che parte stare.
E grida nel deserto. Dove gridare è vano, quasi folle: chi può ascoltare nel luogo della solitudine? La sua voce ci ricorda che, più di ogni altra motivazione, nei nostri cammini di fede è il desiderio che sostiene i passi, è la ricerca che anima le scelte, è la passione che sostanzia le parole.
Grida Giovanni. Per svegliarci, per scuoterci. Perché imparando ad ascoltare, impariamo a scegliere la vita.
Quella che nel Natale il Signore ci ha donato.

 

Fonte: www.lachiesa.it