Omelia (10-12-2023)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Quintino Venneri

Se vai nel deserto, la prima cosa che senti è un grande silenzio. Poi, forse, dopo un po', ti capiterà di ascoltare il soffio del vento che muove la sabbia e cambia la forma alle dune. Alla fine, molto debolmente, forse ti capiterà di cogliere il passaggio di qualche carovana di beduini che cercano un'oasi verde per dissetarsi. Il deserto è così: grande, maestoso, difficile, inospitale, non è fatto per viverci, non si costruiscono case e nessuno può fermarsi per molto tempo. Ed è proprio nel deserto che Giovanni Battista, il figlio di Elisabetta, l'amico dello sposo, svolge la sua missione.
E per farsi ascoltare, Giovanni grida. Grida non perché è arrabbiato ma perché è appassionato, è uno che ci tiene a quello che sta facendo; ha passione, desiderio, d'altronde è un profeta, un uomo tutto d'un pezzo, uno che non fa sconti, non ha peli sulla lingua.
Grida. Grida per rompere il silenzio del deserto, per sovrastare il soffio del vento e il calpestio delle carovane.
Ma grida anche per un altro motivo. Perché ascoltare non è facile. Imparare ad ascoltare è un dei compiti più difficili e più necessari della nostra vita.
La solitudine del deserto apre i nostri occhi sulla nostra storia personale, sulla nostra più intima realtà, sulle ombre del nostro cuore, sulle rovine inesplorate della nostra esistenza, sulle bestie che brancolano libere nella nostra coscienza. Sempre, la Scrittura, quando parla del deserto associa questo immaginario: demoni, bestie, rovine. Perché il deserto, se lo abiti e sai ascoltare il silenzioso grido della Parola, ti riconsegna un'immagine più vera di te stesso, forse più povera, ma più vera. È davvero una lotta! Ti riconsegna la tua bellezza primitiva, forse graffiata, sporca ma sempre uscita dalle mani del Creatore.
Giovanni ci chiede di abitare il deserto, di scegliere la solitudine, a non scappare da essa, a desiderarla. Fare della solitudine una scelta lucida è camminare nell'Avvento, è preparare la strada al Veniente.
E quando scegli la solitudine, ecco che puoi ascoltare finalmente. Puoi ascoltare Dio che parla al cuore, alla coscienza.
Ascoltare Dio non è solo un sentimento. Non è un'emozione. Non è solo un insegnamento. È tutto questo ma non coincide con niente di tutto ciò. È una brezza leggera che sussurra. È una luce interiore che ti riconsegna a te stesso. E mentre scopri te stesso, ti manda verso gli altri. È un ascolto personale ma non è mai individualistico. Ti accompagna ma ti spinge verso l'ignoto. Ti sana e ti ferisce. Ti fa male e ti fa bene. È una Parola per te e tu diventi una parola per gli altri.
Ascoltare non è sentire.
Ascoltare è atto voluto, è una scelta. Sentire è meccanico, non devi impegnarti. Ascoltare invece è una decisione che impegna ed implica concentrazione, attenzione, preparazione, non improvvisazione.
Ecco perché Giovanni Battista grida: accogliere il Signore - come questo tempo di Avvento ci sta ricordando - significa imparare ad aprire le orecchie, ascoltare la sua voce che risuona nel Vangelo, significa distinguere il suono della sua voce tra mille altre voci.
Grida Giovanni. Per insegnarci ad ascoltare.
Questo è il suo dono.
Perché quando impari ad ascoltare, i tuoi occhi imparano a vedere, il tuo cuore impara a scegliere, le tue mani imparano a costruire qualcosa di bello e di nuovo. Ascoltare è la bussola di ogni cristiano; è il modo per orientarsi. Aprire bene le orecchie ci permette di orientarci nella decisioni da prendere, nelle scelte da compiere, nelle parole da pronunciare.
Grida Giovanni. E le sue parole sono, da sempre, un appello, una provocazione, per capire da che parte stare.
E grida nel deserto. Dove gridare è vano, quasi folle: chi può ascoltare nel luogo della solitudine? La sua voce ci ricorda che, più di ogni altra motivazione, nei nostri cammini di fede è il desiderio che sostiene i passi, è la ricerca che anima le scelte, è la passione che sostanzia le parole.
Grida Giovanni. Per svegliarci, per scuoterci. Perché imparando ad ascoltare, impariamo a scegliere la vita.
Quella che nel Natale il Signore ci ha donato.

 

Fonte: www.lachiesa.it

Tags: anno B Omelie

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Benedizione a Frate Leone

Il Signore ti benedica e ti custodisca.

Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.

Volga a te il suo sguardo e ti dia pace.

Il Signore ti dia la sua grande benedizione.

 
 

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