Dopo il dolore e lo sgomento del Venerdì Santo; dopo il silenzio e l'immobilità del giorno seguente - imposta anche dalla Legge per il giorno del Sabato - ecco che una donna si mette in movimento verso il sepolcro e, al suo annuncio, due uomini corrono verso la stessa direzione.
La Risurrezione di Cristo ci mette in movimento, e lo fa così come siamo: non permettiamo che i sentimenti a volte di inadeguatezza, la vergogna per i peccati commessi, c'impediscano di riprendere la direzione giusta e di correre incontro al Risorto.
No! Il Signore risorge proprio lì dentro i sepolcri della nostra umana caducità: è lì che passa beneficando e risanando tutti noi in potere delle tenebre a causa dei nostri peccati (cf I Lettura).
Guardiamo al Capo degli Apostoli Pietro: chissà quale dolore lo avrà afflitto dopo aver rinnegato il Maestro? Quale tormento lo avrà abitato nei giorni appena trascorsi? Il tutto condito probabilmente da un po' di delusione di fronte al suo Signore crocifisso: Lui, “il Cristo - il Figlio di Dio per il quale aveva lasciato tutto”, muore per mano d'uomo sul più ignobile dei patiboli.
Eppure Pietro all'alba di quel primo giorno della settimana corre. Sì: corre! Lentamente: abitato da questi suoi turbamenti interiori. Ma non indugia di fronte ad essi: un Amore più grande, sperimentato negli ultimi tre anni vissuti accanto al Messia, lo spinge; e arriva al sepolcro, ed entra.
Così Giovanni: anche lui corre; è più veloce rispetto al maturo Pietro: forse per l'età giovanile, la sua purezza, il suo essere “discepolo amato” e ora, dopo la morte di Gesù, “figlio” di Maria; ma anche lui corre, proprio come il suo compagno - come ogni uomo, verso il sepolcro della propria condizione umana, per incontrare finalmente la luce del Risorto, quella che illumina ogni uomo.
Ma veniamo al nostro oggi…
Quest'anno la nostra è una Pasqua “diversa” (o forse la più vera!): a causa del coronavirus siamo tutti costretti all’immobilità, a fare in qualche modo amicizia con ciò che sfuggivamo, che ha il volto del nostro prossimo e spesso proprio il nostro.
Carissimi, è una grazia questo tempo, e sarebbe da stolti sprecarla!
Quei vuoti dentro di noi che abbiamo riempito di tutto pur di non sentire l'eco della nostra limitatezza, della nostra povertà e fragilità di uomini, ora non possiamo più sfuggirli.
In un momento in cui tutto sembra fermo eccetto un virus mortale, in cui il mondo è immerso in un grande e vero Sabato Santo, qualche Domanda dovremmo farcela.
La nostra vita non sarà più la stessa di prima, poiché questo nemico invisibile che ha cambiato le nostre abitudini, stravolto la nostra vita sociale non può lasciarci indifferenti. Quel silenzio che stiamo sperimentando sta dicendo qualcosa di importante per la nostra vita da oggi in avanti; e ci invita a sostare davanti allo specchio della nostra condizione di figli di Dio.
La domanda è: Abbiamo vissuto fino ad ora conformi a questa immagine?
Si? Bene. No? Oggi Cristo viene a ridarci questa possibilità e dignità.
Per debellare il virus ci è stato chiesto un passo indietro dalla nostra libertà: “stare a casa!” (Che è diventato ormai uno slogan).
Quando torneremo ad essere liberi, a correre: quale sarà la nostra direzione?
Ecco allora che i passi di Maria di Magdala, di Pietro e di Giovanni sono i passi della nostra libertà verso il Signore risorto nei sepolcri della nostra vita, che questo tempo ci rivela come luoghi di grazia da cui poter risorgere a vita nuova con Lui.
Nell’Ottava incontreremo altri uomini testimoni della resurrezione, ognuno con la sua esperienza personale del Signore risorto: i discepoli di Emmaus ad esempio.
Anche loro sono in cammino quando incontrano il Risorto che subito non riconoscono; ma purtroppo - tristi, delusi e ripiegati su se stessi fino alla disperazione - stanno andando nella direzione opposta al “sepolcro della Risurrezione”. Essi si stanno infatti allontanando da Gerusalemme: luogo della manifestazione del Signore Risorto e grembo della Chiesa.
Il Signore è Risorto: questa è la Verità - l’Annuncio!
Ma sta a noi scegliere da quale parte andare: affacciamoci con coraggio sul nostro “sepolcro” e poi entriamoci, magari aiutati da qualche uomo o donna di Dio.
I due di Emmaus hanno avuto come guida Lui, il Risorto, il quale li ha ascoltati, li ha accompagnati e così condotti con l’insegnamento a riconoscere la verità, rivelando loro, nel Gesto, la Luce che ha vinto la loro cecità.
Come Maria di Magdala, Pietro e Giovanni, anche loro a questo punto videro e cedettero: ognuno con la propria esperienza del Risorto. Ma la meta è la stessa: la nostra libertà di figli amati di Dio.
Ecco l’Annuncio: l’amore del Padre rivelato in Cristo Gesù per mezzo del suo Spirito non ci abbandona!
Anche se noi figli prodighi ci allontaniamo dalla verità, lui ci raggiunge sempre per riprenderci, come ha fatto con questi due viandanti; e lo fa fino alla fine, poiché chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome (I Lettura). Dire “Sì” però tocca sempre e solo a noi.
Coraggio, carissimi, Oggi è Pasqua: celebriamo la festa con azzimi di sincerità e di verità (II Lettura).
Non rimandiamo a domani la festa per la nostra Salvezza: Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa (Sequenza) nella nostra vita, nella nostra Storia, oggi più che mai! Alleluia!