Le ricorrenze di Ognissanti e dei Defunti
La celebrazione di Ognissanti
La festa in onore dei santi era già presente nelle primitive comunità cristiane. I primi resoconti scritti li abbiamo da Tertulliano, Gregorio di Nizza
e Sant’ Ephraem, morto nel 373 d.C., che da una sicura testimonianza della "festa celebrata in onore dei martiri della terra" il giorno 13 maggio.
Tale festa verrà poi celebrata anche a Roma dal 13 maggio del 609 d.C., quando Papa Bonifacio IV dedicò il Pantheon alla Vergine Maria e a tutti i martiri.
Un’unica festa per tutti i Santi, ossia per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente.
Nell'anno 835 Papa Gregorio IV spostò la festa di Ognissanti dal 13 maggio al primo novembre,come avveniva già da tempo in Francia, nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain. Il Samhain corrispondeva alla fine dell'anno, nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all'anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti da quella dei vivi si assottigliava così i membri di ciascuna dimensione potevano visitare l'altra.
In inglese la festa di "Ognissanti" si chiama "All Hallows' Day"; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, si chiama All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in "Hallows' Even", e da lì ad Halloween il passo è stato breve. Nonostante i tentativi della Chiesa Cristiana di eliminare i riti pagani, Halloween è rimasta una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti.
La commemorazione dei defunti si è andata affermando come festa tra il VII e il IX. Era diffuso nell'uso monastico consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti. Nel convento di Cluny viveva un santo monaco, l’abate Odilone, che era molto devoto delle anime del Purgatorio, al punto che tutte le sue preghiere, sofferenze, penitenze, mortificazioni e messe venivano applicate per la loro liberazione dal purgatorio. Si dice che uno dei suoi confratelli, di ritorno dalla Terra Santa, gli raccontò di essere stato scaraventato da una tempesta sulla costa della Sicilia; lì incontrò un eremita, il quale gli raccontò che spesso aveva udito le grida e le voci dolenti delle anime purganti provenienti da una grotta insieme a quelle dei demoni che gridavano contro lui, l’abate Odilone.
Costui, all’udire queste parole, ordinò a tutti i monaci del suo Ordine cluniacense di fissare il 2 Novembre come giorno solenne per la commemorazione dei defunti.
Era l’anno 928 d. C. Da allora, quindi, ogni anno la “festa” dei morti viene celebrata in questo giorno. Occorre precisare che per “comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio.
In questa vita d’assieme la Chiesa vede e vuole il fluire della grazia, lo scambio dell’aiuto reciproco, l’unità della fede, la realizzazione dell’amore.
Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra i i credenti viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso. La Chiesa, inoltre, in nome della stessa figliolanza di Dio e, quindi, fratellanza in Gesù Cristo, favorisce questi rapporti e stabilisce anche dei momenti forti durante l’anno liturgico e nei riti religiosi quotidiani.
Dai “Discorsi” di san Bernardo, abate
A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?
Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora?
A che dunque i nostri encomi per essi?
I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto.
E’ chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.
Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.
Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, é quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all’assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti?
I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura?
No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo.
Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell’anima la condizione di coloro che ci attendono.
Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità.
Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l’aspirazione più intensa a condividerne la gloria.
Questa bramosia non é certo disdicevole, perché una tale fame di gloria é tutt’altro che pericolosa.
Vi é un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed é quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come é ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati. Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo. Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita é nascosta con lui in Dio.
Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che é lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomaparabile abbia a diventare realtà, ci é necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere. (Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)