Introduzione Prima di cominciare a investigare il tema di questo argomento imploriamo la Misericordia di Dio che conceda i lumi necessari per fare tutto in umiltà e per arrivare alla conoscenza della verità tutta intera. Accostandoci al mistero del Purgatorio dobbiamo porci la seguente domanda: fra la Giustizia e la Misericordia quale di questi due attributi di Dio è il più grande? Senza tentennamenti possiamo rispondere la Misericordia. "Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va' , vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com' è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio». " Mc 10, 17-27.  |
La testimonianza del giovane accostatosi a Gesù è chiara. Questi osserva la legge delle tavole. E’ un uomo apparentemente giusto, che osserva con meticolosità quello che Dio richiede, ma davanti alla richiesta di Gesù di fare un salto di qualità nel rapporto con il Padre questo si ritira sconfortato. I discepoli sono altrettanto sbigottiti al punto da chiedersi l’un l’ altro "chi mai si può salvare?". Se un uomo giusto, che osserva la Legge da sempre non può salvare se stesso chi potrà farlo. Ma subito accorre Gesù; all’insorgere dei dubbi pone immediatamente delle certezze. A questa domanda che potrebbe portare allo scoraggiamento e quindi ad un completo allontanamento pone subito un rimedio. "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio". Questa ultima frase pronunciata da Gesù ai discepoli e quella che ci deve guidare nel cercare di sondare il mistero del Purgatorio. Per parlare pienamente del Purgatorio occorre fare alcune precisazioni su che cosa è il peccato e cosa provoca nelle anime. In questo ci viene in aiuto il Catechismo della Chiesa Cattolica ai punti 1459 e 1460.
" Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schînm., 1712]. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve «soddisfare» in maniera adeguata o «espiare» i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche «penitenza».
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La penitenza che il confessore impone deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati [Cf Rm 3,25; 1Gv 2,1-2] una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare i coeredi di Cristo risorto, dal momento che «partecipiamo alle sue sofferenze» (Rm 8,17): [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schînm. , 1690]
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Ma questa soddisfazione, che compiamo per i nostri peccati, non è talmente nostra da non esistere per mezzo di Gesù Cristo: noi, infatti, che non possiamo nulla da noi stessi, col suo aiuto possiamo tutto in lui che ci dà la forza [Cf Fil 4,13]. Quindi l’uomo non ha di che gloriarsi; ma ogni nostro vanto è riposto in Cristo in cui. .. offriamo soddisfazione, facendo «opere degne della conversione» (Lc 3,8), che da lui traggono il loro valore, da lui sono offerte al Padre e grazie a lui sono accettate dal Padre [Concilio di Trento: Denz. -Schînm., 1691]."
Avendo dato una breve definizione del peccato possiamo affermare che il Purgatorio è il luogo dove le anime dei defunti sono accolte dalla divina Misericordia allo scopo di purificarsi e rendersi atte ad entrare nel Santo Paradiso. Sant’Agostino nelle Confessioni scrive: "Cos’è dunque il tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so". Quindi nel trattare questo difficile argomento dovremo utilizzare vocaboli come "luogo", "destinazione", "definitivo", "temporaneo" "fuoco" ecc., termini che richiamano alla mente le immagini suggerite dall' antropomorfismo. In realtà , questi termini sono vocaboli non corrispondenti all’effettivo stato o condizione in cui si trovano i morti, ma noi viventi, non sapendo in cosa consista un' esistenza diversa da quella vissuta sulla terra, siamo costretti ad usare termini a noi consueti e comprensibili. Ugualmente, impossibilitati a concepire una vita senza tempo e spazio, nel quantificare i periodi di purificazione delle anime nel Purgatorio, utilizziamo termini come giorni, mesi, anni secoli, (le stesse indulgenze fanno riferimento alla nostra concezione temporale).
Per parlare del Purgatorio partiamo dalle Sacre Scritture. Passando ai testi Sacri che si riferiscono al purgatorio, non dobbiamo credere che la Chiesa ad un certo momento li abbia rilevati e ne abbia in seguito tratta la conclusione che c' è il purgatorio, e in conseguenza di ciò abbia preso ad insegnare che bisogna pregare per le anime dei defunti. No, la Chiesa possedeva fin da principio completa la sua fede e la sua struttura almeno nella sostanza. La dottrina del purgatorio non fu appresa dai testi delle Scritture, ma questi testi furono scritti da uomini che, nella Chiesa ebraica o nella Chiesa cattolica, già conoscevano questa dottrina. Che i morti vengono giudicati secondo le loro opere; che è terribile cosa essere giudicati da Dio quando si è in peccato; che alle anime occorre la misericordia divina per entrare in paradiso; che noi fratelli nella famiglia di Dio, dobbiamo pregarlo di usar loro quella stessa misericordia: questi sono i fatti essenziali, noti agli Ebrei prima del tempo di Cristo, e familiari agli scrittori del Nuovo Testamento. Giuda Maccabeo trovò nascosti sotto le tuniche dei suoi uomini caduti in battaglia monili consacrati agli idoli che essi avevano sottratti ad un tempio pagano: "Fatta poi una colletta, mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d' argento, perché fosse offerto il sacrificio per i peccati di quei defunti"; il che induce gli scrittori ispirati a dire che "santo... e salutare è il pensiero di pregare per i morti affinché siano sciolti dai loro peccati" (2 Macc 12,43 e 46).
Continuando a guardare le S. Scritture del Antico Testamento, cosa ci dicono le sue prime pagine quando ci parlano dell' uso degli Ebrei di far sacrifici e di piangere il trapasso dei defunti? Alla morte di Aronne (Nm 20,29) e a quella di Mosè (Dt 34,8), gli Israeliti piangono per trenta giorni la loro morte. Non si può escludere che il pianto e le suppliche fossero rivolte a Dio perché usasse clemenza nel giudizio verso i due grandi personaggi.
Anche in Rut 2,20 leggiamo: "... Noemi disse alla nuora (Rut): Sia benedetto dal Signore, che non ha rinunciato alla sua bontà verso i vivi e verso i morti".
In Salmi 129,3 leggiamo: "Se guardi alle colpe, o Signore, o Signore chi potrà reggere?".
Dalle S. Scritture rileviamo ancora che i discepoli di Nostro Signore erano familiari con le idee del peccato e del giudizio e sentendole da Gesù le intendevano precisamente come noi le intendiamo. Sentivano così che avrebbe reso ad ognuno secondo il suo operato (Mt 16,27); che alcuni peccati sono puniti con molte staffilate ed altri con poche (Lc 12,47 e 48); che alcuni hanno molti peccati di cui devono essere perdonati, altri pochi (Lc 7,47); che di ogni parola vana dovremo rendere conto il giorno del Giudizio (Mt 12,36); e che alcuni peccati non saranno perdonati né in questo mondo né nell' altro (Mt 12,32). Tutto ciò li induceva a pregare di più per i loro morti, perché mentre faceva crescere in loro il senso della santità di Dio davanti alla quale i defunti vengono giudicati, aumentava anche la loro speranza in un misericordioso perdono. Gesù esponeva loro le austere verità della morte, del giudizio e dell' inferno e diceva che il paradiso va conquistato in questa vita: "Non è forse di dodici ore la giornata?" (Gv 12,35). "Camminate mentre avete la luce" (Gv 12,35). "Poi viene la notte quando nessuno può operare" (Gv 9,4). "Questa notte stessa ti si chiederà l' anima tua" (Lc 12,20). "Morì anche il ricco e fu sepolto nell' inferno" (Lc 16,22) "ove sarà pianto e stridor di denti" (Mt 8,12).
Gli Apostoli scrissero alcune cose che per noi sono misteriose, ma che per i loro primi lettori dovevano essere chiare. S. Pietro dice che Cristo predicò agli spiriti che erano in prigione e che avevano atteso la pazienza di Dio al tempo di Noè. Per questo motivo veniva predicato il Vangelo ai morti, che se essi dovevano essere giudicati secondo gli uomini nella carne, potessero anche vivere secondo Dio nello spirito (1 Pt 3,19-20).
Da sant’Agostino(n.354 e m. 430) apprendiamo in una risposta data ad un fratello cristiano di nome Paolino che aveva chiesto delucidazioni sull’argomento relativo alle preghiere per i defunti :
" Per quello che mi hai domandato potrebbe bastare questa mia risposta, per quanto breve, Ma prestami ancora un po’ di attenzione su alcuni problemi che ne derivano e a cui mi par giusto di dare una risposta. Nei libri dei Maccabei si legge che venne offerto un sacrificio per i defunti Ma anche se in nessun luogo delle antiche Scritture si leggesse qualcosa di simile, non poca cosa sarebbe l’autorità della Chiesa universale che si manifesta in questa usanza quando, tra le preghiere che dal sacerdote vengono innalzate al Signore nostro Dio davanti al suo altare, c’è un posto preminente la preghiera per i defunti."
Ancora leggiamo dallo stesso documento di sant’Agostino : "Ma se anche non fosse riuscita a inumare quel caro corpo dove il suo spirito religioso si era riproposto, in nessun modo deve smettere le necessarie suppliche per raccomandarlo al Signore. Perché dovunque la carne del defunto sia sepolta o non sepolta, è per lo spirito che va ricercata la pace. È esso che, andandosene, si è portato via la capacità di sentire, che è quello che a uno interessa sia per quanto riguarda il bene che il male. Lo spirito non si aspetta di essere aiutato da quella carne a cui esso dava la vita: vita che le tolse quando se ne andò e che le ridarà quando vi rientrerà ; perché non la carne allo spirito, ma è lo spirito che appresta alla carne persino il merito per la stessa risurrezione, se cioè si tornerà a vivere per la pena oppure per la gloria."
Alla fine dello stesso documento leggiamo : "Epilogo: Per aiutare i defunti nulla c’è di meglio che le Messe, le preghiere e le elemosine. Senza trascurare anche le onoranze funebri. In conclusione non pensiamo di poter essere di aiuto ai morti che ci stanno a cuore, se non suffragandoli devotamente con i sacrifici delle Messe, delle preghiere e delle elemosine, anche se non giovano a tutti coloro per i quali si fanno, ma solo a quelli che durante la vita si son meritati che gli giovassero."
Ancora, per suffragare la tesi che la Chiesa abbia conosciuto la dottrina del purgatorio sin dall’inizio, citiamo il documento di sant’Agostino "Le Otto questioni di Dulcizio": "PRIMA QUESTIONE: I battezzati peccatori saranno liberati dalla geenna?
La tua prima domanda è questa: È possibile a coloro che hanno peccato dopo il battesimo essere liberati una buona volta dall' inferno? Tu dici che su questo argomento le opinioni sono diverse. Alcuni rispondono che i tormenti dei peccati sono senza fine, come il premio dei giusti. Essi vogliono infatti affermare che il castigo è eterno quanto il premio. Ma contro costoro c' è la parola evangelica che dice: "Non uscirai di là , finché tu non abbia pagato fino all' ultimo spicciolo ". Ne deriva quindi che, saldato il debito, possa uscire. Questa, noi crediamo, è anche la sentenza dell' Apostolo che dice: " Egli si salverà però come attraverso il fuoco ". La questione se il purgatorio fosse esistente o meno era già attuale ai tempi di Agostino, ma egli non aveva alcun dubbio al riguardo. Ancora leggiamo dallo stesso documento : Ho detto ancora qualcosa di simile a Lorenzo ed è questo : Il tempo frapposto tra la morte dell' uomo e la risurrezione finale trattiene le anime in dimore misteriose, a seconda che ciascuna abbia meritato quiete o afflizione, in rapporto a quel che ha ottenuto in sorte finché viveva nella carne. Non si deve nemmeno negare che le anime dei defunti ricevono sollievo dalla pietà dei propri cari che sono in vita, quando viene offerto per loro il sacrificio del Mediatore o si fanno elemosine nella Chiesa. ".
In un altro passo di uno dei suoi numerosi documenti sant’Agostino afferma : "Una lacrima per i defunti evapora, un fiore sulla tomba appassisce, una preghiera, invece, arriva fino al cuore dell' Altissimo."
Le affermazioni di sant’Agostino permettono di introdurre nell’argomento che stiamo trattando se sia più o meno conveniente pregare per le anime dei defunti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice ai numeri 1370-72
"La santa messa è da considerarsi il miglior suffragio per le anime del purgatorio.
Già san Tommaso aveva indicato nella messa il miglior mezzo per liberare le anime sofferenti, tre secoli prima che il Concilio dì Trento si pronunciasse esplicitamente "Le anime del purgatorio sono sollevate dai suffragi dei fedeli, ma soprattutto dal prezioso sacrificio dell' altare".
Far celebrare la santa messa per i cristiani, vivi o defunti, in particolare quelli per cui si prega in modo speciale perché vengono così sollevati dai tormenti, farà abbreviare le loro pene; inoltre, ad ogni celebrazione eucaristica più anime escono dal purgatorio.
Con la santa messa, dunque, il sacerdote e i fedeli chiedono e ottengono da Dio la grazia per le anime del purgatorio, ma non solo: il beneficio speciale spetta sì all' anima per cui la messa è celebrata, ma del suo frutto generale è l' intera Chiesa a goderne.
Essa infatti nella celebrazione comunitaria dell' Eucarestia, mentre chiede e ottiene il ristoro delle anime dei fedeli e la remissione dei peccati, aumenta, rinsalda e risveglia la sua unità segno visibile, dell' invisibile "Comunione dei santi". All' offerta di Cristo, nel sacrificio eucaristico, si uniscono, infatti, non solo i membri che sono ancora sulla terra, ma anche quelli che si trovano già nella Gloria del Cielo così come quelli che stanno espiando le proprie colpe in purgatorio.
La santa messa è offerta, dunque, anche per i defunti che sono morti in Cristo e non sono ancora pienamente purificati, così da poter entrare nella Luce e Pace di Cristo. Nell' anafora, inoltre, la Chiesa prega per i santi padri, i vescovi e tutti coloro che sono morti, convinti che la santa messa sia la migliore offerta a Dio per le anime che soffrono in purgatorio, poiché è l' offerta di Cristo stesso immolato per i nostri peccati."
Inoltre dal "Trattato sul Purgatorio" di Santa CATERINA DA GENOVA, che è una delle più inestimabili opere della mistica cattolica. " Non credo che si possa trovare contentezza da comparare a quella di un’anima del Purgatorio eccetto quella dei santi del Paradiso. E ogni giorno questa contentezza cresce, per l’influsso di Dio in esse anime, il quale va crescendo, siccome va consumando l’impedimento dell’influsso. La ruggine del peccato è l’impedimento, e il fuoco va consumando la ruggine; e così l’anima sempre più si va discoprendo al divino influsso...". Un altro brano : " L’anima separata dal corpo che non si trova priva di peccato e nella nettezza come fu creata, vedendo in sé l’impedimento, e che non le può esser levato, salvo che per mezzo del Purgatorio, presto vi si getta dentro e volentieri. E se non trovasse questa ordinazione, atta a levarle quello impaccio, in quell’istante, in lei si genererebbe un inferno peggiore del purgatorio, vedendo di non poter giungere, per l’impedimento al suo fine che è Dio..."
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Da tutto quello che abbiamo appreso sino ad adesso risulta chiaro che non solo è giusto pregare per le anime dei nostri defunti ma inoltre è doveroso farlo. Lo facevano gli Apostoli e questa sana dottrina è stata trasmessa ai primi cristiani, essa ha viaggiato lungo i secoli ed è arrivata intatta sino a noi oggi. Quale Dio buono è Misericordioso abbiamo, il quale non vuole che restiamo nell’ignoranza davanti alle sue leggi.
Se noi cerchiamo i nostri morti, li troviamo presso Dio. Li troviamo pregando.
Pregare è parlare a Dio e unirsi a Lui. La preghiera è colloquio con Dio, un respiro del nostro essere in Dio. Ci sono diversi modi di pregare. Si può pregare in chiesa, insieme gli altri, servendosi delle preghiere che ci propone la Chiesa . Si può pregare in casa, da soli, inventando la preghiera. Si può pregare in silenzio e senza parole, in treno, in automobile o nel proprio letto. Si tratta sempre di aprire il proprio cuore. Il nostro cuore è piccolo: la preghiera lo allarga e lo rende capace di amare Dio. Noi sappiamo che i morti che ora si trovano in Purgatorio e in Paradiso pregano Dio per noi; possiamo allora far passare le nostre preghiere tra le loro mani, servendoci di loro come di cari amici che hanno udienza presso Dio. Si stima che siano finora vissuti 75 miliardi di persone. Possiamo allora chiederci: Che ne è di loro? Noi con la preghiera li troviamo- presso quel Dio «che dà la vita ai morti e chiama all' esistenza le cose che ancora non esistono» (Rm 4,17).
"La vita, lunga o breve, è un viaggio verso il Paradiso: la nostra Patria, là è la nostra vera casa" (Papa Giovanni Paolo II).
«Dio eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto» (Is 25,8).