DISCORSO 172
DALLE PAROLE DELL' APOSTOLO (1THESS 4, 12):
" NON VOGLIAMO CHE RESTIATE NELL' IGNORANZA, FRATELLI,
NEI RIGUARDI DI QUELLI CHE SI SONO ADDORMENTATI
PERCHÉ NON SIATE NELL' AFFLIZIONE
COME GLI ALTRI CHE NON HANNO SPERANZA "
E RIGUARDO ALLE OPERE DI MISERICORDIA CON LE QUALI SONO AIUTATI I DEFUNTI
L' afflizione per i defunti: quale è proibita.
1. 1. Il beato Apostolo ci esorta a non affliggerci per coloro che dormono,
vale a dire per i nostri carissimi defunti, come in genere gli altri che non
hanno speranza, s' intende la speranza della risurrezione e della
incorruttibilità eterna. Appunto per questo, l' uso costante e rispondente
alla realtà della Scrittura li chiama anche " coloro che dormono ", e così,
quando sentiamo " dormienti ", non dubitiamo che si sveglieranno, come si
canta nel Salmo: Forse chi dorme non si leverà a risorgere? 1 Così, per i
morti, in coloro che li amano c' è una specie di tristezza, in certo modo
naturale. Non si tratta di una credenza, ma è la natura che in realtà ha
orrore della morte. All' uomo non sarebbe capitata la morte se non fosse
stata per la pena di una colpa che l' aveva preceduta. Perciò se gli animali,
creati così che muoiono ciascuno a suo tempo, sfuggono la morte e amano la
vita, quanto più l' uomo che era stato creato tale da vivere sempre se avesse
voluto vivere senza peccato? Ne segue pertanto che inevitabilmente ci
rattristiamo quando quelli che amiamo, morendo, ci lasciano. Benché infatti
sappiamo che i defunti non lasciano per sempre noi che restiamo, ma che
precedono alquanto noi che li seguiremo, pure quella morte, da cui la natura
rifugge, quando colpisce la persona cara, affligge in noi il sentimento
dell' amore stesso. Per questo l' Apostolo non ci consiglia di non
rattristarci, ma che la nostra pena non sia come quella degli altri che non
hanno speranza 2. Rattristiamoci dunque per i nostri defunti quando
inevitabilmente subiamo la separazione, ma con la speranza di riaverli
vicino. In un senso siamo angosciati, nell' altro consolati; da una parte è
colpita la debolezza, dall' altra si fortifica la fede; di là è nel dolore la
condizione umana, di qua offre il rimedio la promessa divina.
Le preghiere, il sacrificio della salvezza e le elemosine a favore dei
defunti.
2. 2. Quindi gli apparati mortuari, i cortei funebri, la fastosa cura della
sepoltura, l' erezione di grandiosi monumenti costituiscono dei modi
qualsiasi di conforto ai vivi, non se ne avvantaggiano i morti. Invece le
preghiere della santa Chiesa, il sacrificio che dà la salvezza e le
elemosine che si offrono a suffragio delle loro anime non si deve dubitare
che aiutino i morti, perché da parte del Signore si usi loro una
misericordia più grande di quella che meritarono i loro peccati. Tutta la
Chiesa rispetta questa che è infatti la tradizione dei padri: che si preghi
per coloro che sono morti in comunione al corpo e al sangue di Cristo,
quando a suo tempo, proprio durante il sacrificio, vengono commemorati; e
che si ricordi che il sacrificio viene offerto anche per loro. Pertanto,
quando vengono compiute opere di misericordia per suffragarli, chi può
dubitare che giovino a coloro per i quali non inutilmente vengono elevate
preghiere a Dio? Non si deve affatto dubitare che questi suffragi tornino a
vantaggio dei defunti, a quelli però che prima di morire vissero nella
maniera per cui i suffragi possano essere loro utili dopo la morte. Infatti
per quelli che hanno lasciato il corpo, senza la fede che opera per mezzo
dell' amore 3, e senza i Sacramenti di essa, da parte dei parenti inutilmente
si compiono i doveri di una simile pietà, del cui pegno, mentre vivevano
quaggiù sono stati privi, o non accogliendo la grazia di Dio, o ricevendola
senza frutto 4 e accumulando in sé ira 5, non misericordia. Non è che ai
defunti si aggiungano nuovi meriti quando per loro i parenti compiono
qualche opera buona, ma ricevano quanto meritano per le loro opere
precedenti. Senza dubbio è limitato alla durata della vita terrena un
operare tale che sia di qualche aiuto, una volta conclusa l' esistenza di
quaggiù. In conseguenza, ciascuno, giungendo al termine di questa vita,
potrà avere dopo di essa soltanto ciò che in essa ha meritato.
Il lutto e i doveri da adempiere verso i defunti.
2. 3. Si può concedere dunque che i cuori devoti dei parenti soffrano per i
loro defunti un dolore che può essere mitigato, e che versino lacrime di
conforto alla natura mortale, subito trattenute dalla gioia della fede per
la quale si crede che i fedeli, quando muoiono si allontanino un poco da noi
e passino ad una vita migliore. Siano loro di conforto anche le attenzioni
fraterne, sia quelle dimostrate al funerale che quelle offerte agli
afflitti, così che non trovi conferma il lamento di coloro che dicono: Ho
atteso chi condividesse con me l' afflizione, e non c' è stato; e dei
consolatori, e non li ho trovati 6. Nella misura delle proprie possibilità
si abbia cura della sepoltura e delle costruzioni del sepolcro; anche queste
le Sacre Scritture annoverano tra le opere buone né solo riguardo ai corpi
dei Patriarchi e di altri santi, ma dei cadaveri di qualunque uomo morto. In
realtà sono stati celebrati e lodati coloro che compirono di tali opere
verso il corpo del Signore stesso. Verso i loro cari adempiano gli uomini
questi doveri di estrema onoranza anche come lenitivo al loro dolore. Coloro
che amano non solo in modo carnale ma anche spirituale i parenti - morti
quanto al corpo, non quanto all' anima - si occupino con grande devozione,
zelo e frequenza in loro suffragio, di quelle opere che veramente sono di
grande vantaggio alle anime dei defunti, come le offerte, le preghiere, le
elemosine.